Si definisce criptorchidismo la mancata discesa del testicolo nel sacco scrotale.
Il criptorchidismo può associarsi ad altre anomalie del tratto genito-urinario e nel 70% dei casi riguarda il testicolo destro.
Il testicolo anomalo si alloga in un punto qualsiasi del tragitto che normalmente compie durante la vita fetale dal polo inferiore del rene allo scroto attraversando il canale inguinale. L’interruzione di questo cammino fisiologico porta ad avere il testicolo allogato in una loggia diversa da quella normale che è quella costituita dallo scroto. Il più delle volte il testicolo si alloga nel sottocutaneo della regione inguinale od in sede sottofasciale in pieno canale inguinale.
In tali casi nello scroto esiste un solo testicolo (quello disceso normalmente) e quindi l’altro è “nascosto”.
Questa condizione porta ad una alterazione del funzionamento del testicolo non solo in termini di produzione degli spermatozoi (riduzione) ma anche in termini di riproduzione cellulare con tendenza allo sviluppo di tumori maligni del testicolo. Sembra che ad influire negativamente sia la temperatura (il testicolo ritenuto ha una temperatura di 1 grado maggiore di quello in sede normale), bisogna quindi riposizionare il testicolo nello scroto prima della pubertà per evitare problemi di sterilità. Se invece l’intervento si effettua tardivamente le possibilità di ripresa sono minori od addirittura nulle.
In tali casi si preferisce asportare il testicolo sia per evitare il rischio di neoplasie sia perché è dimostrato che il testicolo superstite talora funziona meglio in assenza di testicolo criptorchide. Una biopsia testicolare può prima dell’intervento chiarire i danni che il testicolo ha già sofferto e le speranze di miglioramento funzionale.
Il criptorchidismo è abbastanza frequente nel neonato, ma generalmente regredisce entro il primo anno, con una discesa spontanea del testicolo, attraverso il canale inguinale, nel sacco scrotale senza che vi siano interventi terapeutici.
La mancata discesa al termine del primo anno di vita è da considerarsi patologica, ha una frequenza di circa 1 bambino su 100, e richiede l’intervento chirurgico.